E se nell’immobile posto sotto esecuzione ci sono beni mobili estranei all’esecuzione? PDF Stampa E-mail
  
Venerdì 01 Aprile 2016 00:00

E SE NELL’IMMOBiLE POSTO SOTTO ESECUZIONE CI SONO BENI MOBILI ESTRANEI ALL’ESECUZIONE?
Quando viene sottoposto ad esecuzione un bene immobile, magari un’abitazione, i beni mobili posizionati al suo interno non seguono le sue stesse sorti.
È vero, infatti, che se non viene azionata un’autonoma procedura di pignoramento mobiliare, i beni mobili non vengono assolutamente “toccati” dalla procedura esecutiva immobiliare e restano di proprietà e nella disponibilità del debitore esecutato. E proprio per questa loro “estraneità” al giudizio di esecuzione immobiliare, nel momento in cui si procede al rilascio dell’immobile, è richiesto al debitore di consegnarlo “libero da persone e cose” in modo da renderlo disponibile nei confronti del futuro aggiudicatario.
Il nostro codice di procedura civile, fino all’ultima riforma entrata in vigore, prevedeva che, laddove in sede di rilascio l’esecutato non avesse ottemperato all’onere di liberare l’immobile dai beni mobili, avrebbe potuto provvedere all’asporto anche in sede di rilascio. Nel caso contrario, l’Ufficiale giudiziario competente avrebbe potuto disporne la custodia sul posto, anche a cura della parte istante, se questa consentiva di custodirle, o altrimenti si sarebbe provveduto al trasporto in altro luogo.
Ad oggi tale procedura non è più valida o meglio, il legislatore con il Dl 132/14 ha predisposto una nuova procedura, più dettagliata che è andata ad arricchire la procedura di rilascio. In primis si assiste ad una modifica dell’atto conosciuto come “preavviso di rilascio” nel quale, oggi, l’Ufficiale giudiziario è tenuto a riportare tutti gli avvertimenti previsti dal nuovo articolo 609 c.p.c. E precisamente, laddove il debitore non avesse provveduto a liberare l’immobile per l’accesso, l’Ufficiale sarebbe tenuto ad assegnargli un termine (da lui stabilito) entro il quale l’esecutato sarebbe tenuto a provvedere.
È, perciò, previsto dal codice di procedura, che in questo caso l’Ufficiale giudiziario competente predisponga un apposito atto esecutivo che potremmo definire atto di “intimazione di asporto” da notificarsi al debitore esecutato non presente.
Nel caso in cui l’interessato non dovesse farsi parte attiva provvedendo nel termine indicato nell’atto di intimazione, l’Ufficiale, a spese e su richiesta di parte istante, sarebbe tenuto alla determinazione del presunto valore dei beni, dovendo calcolare anche i costi di custodia e di asporto. Se, invece, il valore dei beni risultasse superiore alle spese di custodia e di asporto, sempre a cura della parte istante, verrebbe nominato un custode e verrebbe onerato di trasportare i beni altrove dove potrebbero essere venduti (se parte istante ne fa apposita richiesta).
La suddetta vendita verrebbe effettuata secondo le modalità disposte dal Giudice dell’esecuzione per il rilascio e comunque secondo quanto disposto dal codice di procedura civile agli artt. 530 cpc e ss. La somma eventualmente ricavata sarebbe impiegata per il pagamento delle spese e dei compensi per la custodia, l’asporto e la vendita. L’eventuale eccedenza sarebbe, invece, utilizzata per il pagamento delle spese di esecuzione anticipate dal creditore istante.
Laddove, invece, l’utilità del tentativo di vendita non dovesse apparire evidente, i beni potrebbero essere abbandonati e l’ufficiale potrebbe disporne lo smaltimento.
Ma il nuovo articolo 609 cpc prevede anche qualcos’altro a tutela del debitore esecutato. Decorso infruttuosamente il termine previsto dall’intimazione fatta dall’Ufficiale all’esecutato ma prima della vendita o dello smaltimento, il debitore interessato potrebbe chiedere al Giudice competente  (Giudice dell’esecuzione per il rilascio) la consegna dei suoi beni.
Il Giudice, se dovesse accogliere l’istanza, deciderebbe con decreto disponendo, all’uopo, la riconsegna previa corresponsione delle spese e dei compensi per la custodia e per l’asporto, il tutto ragionevolmente a carico dello stesso debitore esecutato.
Ciò significa che, alla procedura esecutiva immobiliare, da cui è partita la procedura di rilascio, si andrebbe ad aggiungere una procedura esecutiva mobiliare che si muoverebbe autonomamente e che permetterebbe al creditore di provare ad ottenere maggiori introiti.
Orbene, appare del tutto evidente qual è stato l’intento dell’odierno legislatore: concedere un altro canale di recupero al creditore permettendogli di accedere allo strumento del “pignoramento mobiliare” risparmiandogli tutte le attività preordinate allo stesso e permettendogli di accedere tuot de suite alla vendita dei beni.
Avv. Michele de Cerbo

 

 

Ultimo aggiornamento ( Lunedì 04 Aprile 2016 08:55 )