L’“Alienazione Genitoriale” PDF Stampa E-mail
  
Venerdì 12 Febbraio 2016 00:00

Si tratta di una tematica decisamente alla ribalta, trendy, di cui, in questo periodo, mi chiedono in molti, e, parimenti, c’è da riflettere sul fatto che affrontare (peraltro senza pretesa alcuna di esaustività) è senz’altro delicato e, decisamente, molto denso di sfumature e, inevitabilmente, anche carico di significato personale.
E non potrebbe essere altrimenti per qualsiasi genitore mi stia leggendo.
La verità, e, un pò, l’esperienza comune è che, spesso, i bambini si trovano “avvolti”, coinvolti… direi, avvinghiati e, forse... la parola giusta è PRIGIONIERI tra i “paletti” della crisi della propria famiglia.
Tra una madre ed un padre che essi sperano di accontentare, di rendere felici, le cui tendenze cercano di assecondare e, a modo loro, e con gli strumenti a propria disposizione (che non sono certo quelli di un adulto, spesso sono... DI PIù) di comprendere!
Quando si parla di “alienazione genitoriale” ci si vuole riferire proprio a quella teoria, in quest’ultimo anno, come anticipato, - galeotte alcune decisioni anche recenti della Suprema Corte sul tema, latamente inteso - molto in voga, per cui (per dirla semplicisticamente) uno dei due genitori (molto più spesso, la madre) in genere il genitore collocatario, quello con il quale vivono i bambini, per intenderci, INDOTTRINEREBBE i figli, FACENDO LORO una sorta di LAVAGGIO DEL CERVELLO, al fine di fare odiare e RIFIUTARE l’altro genitore, ciò con pesanti conseguenze che influirebbero sul corretto regime delle visite e, a lungo andare, com’è facilmente intuibile, sull’intera RELAZIONE FIGLIO-GENITORE e sull’ esistenza del bambino, anzi, del futuro adulto, poi -quasi sempre-  problematico.
Preliminarmente, va specificato che, almeno in Italia, non vi è FONDAMENTO SCIENTIFICO, ovvero una RICOSTRUZIONE NOSOGRAFICA di questa “malattia”: cioè non vi è un trattato, un manuale diagnostico, tra quelli approvati dalle preposte Autorità, è chiaro, ove essa (come sopra descritta) appare classificata e ove siano previsti per essa rimedi, cure, terapie.
Non sono un’esperto in psicologia, anche se ho spesso a che fare, occupandomi di diritto di famiglia, con terapeuti del campo psicologico e soprattutto psicopedagogico; tuttavia, com’è ovvio, il mio è un altro settore.
Intendendo conoscere la questione più a fondo, ho notato qualcosa di abbastanza interessante, utile per comprendere meglio la questione: il “creatore” di questa teoria della cd. “P.A.S.” (Parental Alienation Syndrome = Sindrome da Alienazione Genitoriale) è riconosciuto nella persona di Robert Gardner e la nascita di questa idea è legata all’esigenza della difesa giudiziaria di padri che abusavano dei propri figli e che, di conseguenza, si rifiutavano di incontrare poi il genitore maltrattante, rifugiandosi nell’ambito del genitore che, d’altro canto, manifestava eccesso di protezione.
Da ciò, l’affermazione della volontà di ALIENAZIONE, allontanamento, estraniazione da parte del genitore iperprotettivo da quello “rifiutato”, appunto, alienato dal figlio.
Sicuramente, esiste e spesso si configura l’allontanamento dei figli rispetto al genitore non collocatario, cioè quel genitore col quale NON vivono, e mi viene da dire che, in un contesto di crisi familiare, un ruolo fondamentale è giocato proprio dal BUON SENSO delle parti in causa, nel cercare di comprendere che spesso per il bambino “la colpa è di chi NON c’è”... Non dimentichiamo mai che i bambini sono ESTREMISTI e CONSERVATORI quando si tratta della propria famiglia: sono più legati alla tradizione del “Mulino Bianco”!
Insistere nell’intento di voler legare per forza un bambino al padre o alla madre non sempre è positivo. La regola della “valutazione caso per caso” è assolutamente d’obbligo, in questo settore.
D’altronde, I.M.H.O., la “lente” della P.A.S. non è poi così convincente, se si guarda alla sua origine, ai suoi sviluppi ed al fatto che ancora non ve n’è riconoscimento scientifico fondato, almeno nel nostro Paese; è di certo “comoda”, è facilmente strumentalizzabile, sembrerebbe spiegare alcune anomalie nei rapporti di cogenitorialità che l’ormai normativamente imposto affido condiviso vuole funzionare, ma che, spesso, non funziona affatto.
Voler fondare su una Sindrome simile persino una domanda volta al risarcimento del danno mi pare un pò una forzatura: personalmemte, in una situazione simile, spenderei le mie energie - anche da un punto di vista economico - più per un’accurata psicoterapia e per la mediazione familiare, al fine di comprendere le reali cause della situazione di disagio, specie per i tuoi bambini, e cercare di porvi rimedio, con i giusti tempi e le migliori speranze per il futuro della propria famiglia.
Ricordo a tutti i lettori che, per ogni quesito o chiarimento in materia, è possibile contattarmi agli indirizzi di posta elettronica indicati.
Alla prossima!

Avv. Clino Pompei
mail@colpodocchio.com
avv.difamiglia@gmail.com